Blognovel: istruzioni per l'uso!

Benvenuti lettori!
A voi, che siete giunti in queste pagine, è dedicato questo piccolo trafiletto...che ci siate arrivati perché indirizzati o per caso, perché obbligati, perché siete inciampati nella Rete e ci siete finiti di faccia o peggio...perché la cosa vi ha incuriositi...beh...l'importante è che ora ci siete!
Seguite i numeri di ogni post nell'Archivio blog come fossero piccoli capitoli e sprofondate nel nostro mondo!

Quattro autori (dai ritmi bradiposi) un giorno han deciso di "divertirsi" spiattellando sul web le loro surreali idee e creando questo luogo: una blognovel, ma anche un cadavere eccellente!
Le regole che guidano la mano degli autori sono semplici:
1) un autore non può scrivere due post di seguito (quindi devono essere sempre alternati), in questo modo non c'è monopolio ma neanche dei turni fissi (si scrive quando si può);
2) non c'è uno stile o genere: il romanzo può andare dal fantasy al realistico, dal poliziesco all'horror, dalla commedia a quello che si vuole;
3) numerare i post: in questo modo la lettura è facilitata;
4) non esagerare con la lunghezza;
5) possibilmente cercare di non pilotare la trama e lasciare qualche porta aperta per chi scriverà dopo;
6) utilizzare i post per la storia ed i commenti per le opinioni.

Buona lettura,
Belfolk

mercoledì 13 agosto 2008

17 "Incontri"

L'aria umida e opprimente diede vita ad un temporale violento, seguito da una grandinata: mi alzai da terra e corsi verso la macchina per mettermi al riparo. Appena chiusi la portiera mi girai verso il campo e notai che Linda non si era mossa: era lì, immobile ad osservare l'orizzonte, in attesa! Guardai nella stessa direzione: il cielo si era fatto verdastro, non lo avevo mai visto di quel colore, e le nuvole si stavano muovendo sempre più velocemente. Istintivamente buttai l'occhio nel quadro motore: la chiave non c'era!
Qualcuno bussò al finestrino: un uomo anziano, dai capelli biondi, con un ghigno mi redarguì: "Non vorrai perderti il divertimento adesso? Scendi, la grandine è finita!", qualche secondo più tardi smise di grandinare. Quella voce? Dove l'avevo già sentita? Aprii la portiera cercando di fare chiarezza: "Ne abbiamo trovato un altro..." era la stessa voce! Sgranai gli occhi e lo fissai, lui ricambiò con il suo placido sguardo amaranto.
Mi si gelò il sangue nelle vene!
Linda corse a prendermi, gettando un'occhiataccia malefica al soggetto: "Arriva!", urlò; il vento ululava fortissimo...e per una ragione: una tromba d'aria si era formata sul campo e avanzava proprio verso di noi. Scioccamente mi misi a pensare che non era normale: troppo pochi danni! L'uomo ci si affiancò, mormorando qualcosa come "il solito esibizionista!". L'atmosfera si era trasformata, deformata, davanti a noi si elevò un muro invisibile, simile a quello del calore, e dall'altra parte intravidi due figure: un uomo e una ragazza...no, quella era Linda, la Linda delle foto!
La tromba d'aria era in mezzo, incominciò a smorzare, a scemare sempre più, finché non scomparve del tutto: il dr. Raffaeli ne uscì tranquillo. Tutto sembrava in continuo cambiamento, meno lui, sempre uguale, fin da quella lontana volta che lo avevo intravisto all'ospedale, subito dopo che impazzii...

16. Campo sconfinato

Avevamo fatto dunque tanta strada per giungere in mezzo ad un0 sconfinato campo erboso, sullo sfondo alcune colline...
"Linda dimmi dove cazzo siamo e smettila di fare l'enigmatica o me ne torno a casa a piedi!!!"
"Carlo, tranquillizzati... Non puoi capire certe cose se non le vivi... non potrei dirti cosa ti sta per capitare, non mi crederesti, devi solo attendere, dobbiamo solo aspettare..."
"Aspettare cosa??? Basta, sono stanco di te, stanco di tutto, non ce la faccio più, voglio tornare a casa adesso!!!"
Ero stremato e la pseudoserenita' di Linda mi incuteva maggiore terrore, timore, ansia, angoscia. Non la riconoscevo più... Intorno a noi si stava alzando un forte vento e le nuvole nere sembrava che stessero per crollare a terra come piombo.
"Stiamo per tornare a casa, Carlo..." Un sorriso segnava il volto di Linda, che continuava a guardare il cielo plumbeo... Io non ce la facevo più, ero stanco, avevo freddo, mi piegai sulle ginocchia appoggiandole al suolo. La prima goccia di pioggia mi cadde sulla fronte, sollevai il volto sull'imperturbabile Linda che si trovava proprio di fronte a me, in piedi e la supplicai piangendo: "Linda, basta, perfavore... dove siamo? Che cosa facciamo qui, chi, che cosa stiamo aspettando??"
Non si mosse, mi guardò esclamando: "Ora vedrai, stanno arrivando!"

martedì 12 agosto 2008

15. Casa

"Dove stiamo andando?" chiesi cercando di dissimulare l'ansia crescente che minacciava di diventare panico da un momento all'altro.
"A casa!"
La sua voce gioviale suonava tremendamente stonata sullo sfondo delle nuvole grigie che minacciavano tempesta da un momento all'altro.
"Questa non è la strada di casa nostra Linda! Che ti prende? Non mi hai ancora spiegato cos'è successo, anzi ora che mi ci fai pensare non mi hai neanche chiesto cosa ho avuto, il perché del mio comportamento, come se già lo sapessi."
"Io so e tra poco saprai anche tu. Stiamo andando a casa."
Ma quale casa? Quale fottuta casa? Non riuscivo a pensare ad altro e quello che più stonava era che il suo tono era quello di una scampagnata domenicale. Sembrava allegra... euforica...
Aspettai in silenzio che parlasse mentre il paesaggio brullo e desolato ci correva attorno, reso ancor più tetro dall'oscurità prematura portata dalle nubi.
Guidava fischiettando, il caschetto di capelli ramati che le accarezzava il viso.
"Da quando hai cambiato colore ai capelli Linda?"
"Sempre avuti così Carlo."
Balle. La settimana prima preparandosi per il suo viaggio li aveva tagliati ed era tornata al suo colore naturale. Ora iniziavo a ricordare.
"Ecco, siamo arrivati. Scendi."
Aprii lo sportello su quello che sembrava un campo sterminato in mezzo al nulla.

14.La strada

In quel sabato dal sapore aspro e nervoso decisi di ridare ordine alle vecchie cose... E mentre le stradine dissestate del ritorno facevano rimbalzare l'auto in cui io e Linda stavamo tornando a casa, la luce di una nuova alba iniziava ad incutermi coraggio. Guardando i primi raggi di sole amaranto la rabbia nera contro Linda iniziava a stemperarsi. Dovevo ripristinare un dialogo con lei se solo avessi voluto dare un senso a questo assurdo. Il suo sguardo duro era concentrato sulle curve morbide della strada, i suoi capelli ramati si mescolavano alla luce filtrata dal finestrino. Il silenzio faceva da sfondo ad un'atmosfera incerta, ma i miei pensieri mi urlavano di parlarle. Evidentemente lei sapeva. Le sue parole confuse ed enigmatiche rimbombavano nella mia mente come macigni scagliati dal monte più alto e poi infrantisi al suolo; e poi, "Ne abbiamo trovato un altro", di chi era quella voce? E di quale "altro" si trattava? Dovevo sapere... Cosa voleva dire tutto ciò? Dovevo chiederglielo. L'unico modo per iniziare a trovare il filo di una ingarbugliatissima quanto surreale matassa era solo lei.
E questo era il sabato giusto.
Nel tragitto per casa avrei rivisto il solito triste e solitario pioppo, la casa diroccata in attesa di essere demolita, il campo di papaveri e poi il campetto sportivo ma... Niente di tutto ciò si prospettò ai miei occhi! L'ospedale ormai era lontano. Eppure, di casa neanche l'ombra. Dove stava andando Linda? Il sole aveva cambiato colore e non perchè si ergeva più alto, l'azzurro violaceo del cielo si era nascosto dietro larghe macchie nuvolose, il sibilo di un vento improvviso attraversava i finestrini chiusi male. Di certo quella non era la strada di casa.

lunedì 11 agosto 2008

13

La stanza continuava a girare: era entrato qualcuno, ma non riuscivo a capire chi fosse, la nausea stava aumentando sempre più e avrei vomitato da lì a poco!
"Ne abbiamo trovato un altro!" aveva detto, e si stava avvicinando ...pericolo...ero in pericolo? Ero vulnerabile e questo mi bastava!
Urlare? Impossibile! In realtà neanche pensare. L'unica cosa che feci fu sollevare il braccio e ri-scaraventarlo sul letto con tutta la forza: presi in pieno lo specchio mandandolo in mille pezzi! I vetri schizzarono via impazziti, tagliandomi la mano e il braccio: il dolore mi diede un attimo di lucidità e urlai con tutto il fiato che avevo!

Ero in piedi, in camera da letto, davanti al mio specchio, rotto, il sangue, caldo e vischioso mi colava dalle dita, la porta si spalancò: una ragazza dai capelli scuri entrò di corsa, un grido, la guardai... era Linda? Sul mobile accanto, la cornice digitale, schizzata di sangue, mandava in loop le foto della gita di due settimane prima: già Linda aveva i capelli scuri e corti, come avevo fatto a dimenticarlo? Ero in stato di shock e le immagini si susseguirono mute: un pastore tedesco che mi guardava dalla soglia, la folle corsa in ospedale, le domande di routine del medico di turno, i punti di sutura e Linda che mi aspettava all'uscita. "Andiamo a casa!" disse "Oggi non parto!".
Era l'alba di sabato, il sabato giusto...

12 Chi sono

"Che cazzo significa che il mio destino è segnato? Come pensi che possa continuare a vivere come sempre? Penso che tu mi debba delle spiegazioni Linda!".
Non ci vedevo più dalla rabbia, che cosa diamine significavano quelle frasi senza senso? Questa è la ragazza che credevo di conoscere? Chi era e cosa voleva da me?
Anche l'emicrania aveva ripreso a farsi sentire...
Linda intanto non faceva che osservarmi... Era una mia impressione o stava sorridendo? No, non sorridendo... Sogghignando...
"Senti Linda, ora basta, che cosa sta succedendo?".
Intanto Pulce aveva cominciato ad abbaiare ed una fitta lancinante mi attraversò la testa come una freccia, da orecchio a orecchio.
Un'esplosione tra le tempie e tutto intorno a me cominciò a vorticare, il ghigno di Linda in un'espressione deforme, il latrato di Pulce sempre più forte.
Poi, una voce che non riconobbi.
"Ne abbiamo trovato un altro...".

lunedì 21 luglio 2008

11 Destino segnato

Linda aveva un'espressione incredula... Pareva che non sapesse se credere alla storia che le avevo raccontato: i suoi occhi mi fissavano cercando di carpire nuove informazioni dal mio modo di pormi, di comportarmi.
"Avanti, Linda, smettila adesso: mi sento studiato, non sono un fenomeno da baraccone!... Lo so che non mi credi..." Le dissi senza mezze misure.
Lei mi si avvicinò sedendosi sul letto. Il suo volto si addolcì, ma notavo comunque una tensione in lei evidenziata dal tremore del suo corpo filiforme... Portò una mano sul mio viso accarezzandomi, poi si alzò, si diresse verso la finestra, si legò i suoi capelli ramati, si voltò verso di me fissandomi per qualche secondo e disse: "Carlo, io ti credo eccome..."
Non capivo se mi stesse prendendo in giro: cosa significava quell' "eccome"... Chiesi spiegazioni intontito e lei aggiunse: "E' successo anche a me, devi rassegnarti, Carlo, il tuo destino è segnato per sempre... sei un altro, sarai un altro... e non mi chiedere niente perfavore... non mi è concesso dirti nulla... tranquillizzati, comunque, vivi come sempre..."
Rimasi paralizzato... Che cosa voleva dire? Mi adirai con Linda e iniziai ad alzare la voce...

sabato 22 marzo 2008

10

Aprii gli occhi e vidi il dito del vicino del secondo piano davanti al mio naso: "Segua il mio dito" ed io, ancora un po’ intontito, lo feci. "Sei svenuto ed io ho chiamato il dr. Raffaeli, per fortuna era in casa!" la voce di Linda, dapprima attutita, stava prendendo corpo, così come la mia vista. Seguirono le domande di rito del dottore a cui io risposi sempre più velocemente: "Io le consiglierei di andare al pronto soccorso!" esclamò. A quelle parole mille pensieri mi assalirono e rifiutai con tutte le mie forze! Cercarono entrambi di farmi cambiare idea, ma io rimasi fermo, finché decisero di uscire dalla stanza.
Poco dopo rientrò Linda: “Sei sicuro di sentirti bene adesso? Avevi la pressione sotto le scarpe fino a poco fa!”,
“Sto bene, mi è anche passato il mal di testa! Raffaeli è andato via?”,
“Sì, e non sei stato molto carino con lui!”,
“Ok, ok! Dov’è la mia agenda?”,
“Anche prima ce l’avevi con la tua agenda! E’ qui!”.
Linda la prese ed io le chiesi: “Mi cerchi oggi?”, incominciò a sfogliarla, poi si fermò, tornò indietro e riprese: “Non c’è!” esclamò!
“Vedi” sbottai, “c’è qualcosa che non va! Mi stanno succedendo cose assurde!”,
“E’ un errore di stampa…visto che hai due venerdì!" disse con un sorrisino "Proprio il giorno in cui ho parlato con quella tua amica! Tutte le pagine della settimana scorsa sono in bianco: non te ne sarai accorto!?”.
Allora mi decisi a raccontarle tutto...o meglio...il niente che ricordavo. Appena ebbi finito lei si alzò, andò a prendere il suo specchio, me lo piazzò davanti e mi chiese di guardarmi le spalle: proprio là dove avevo sentito la sensazione di qualcuno che mi afferrava, c'erano dei lividi, delle ditate!, "Li ho visti mentre il dottore ti visitava!"...

martedì 18 marzo 2008

9 Malessere

Accorse Pulce abbaiando a squarciagola, a volte lo avrei impiccato, tanto mi dava sui nervi e ora più che mai, visto che stavo davvero esplodendo dal nervoso... il mal di testa non si chetava e Linda che mi aveva urlato: "Arrivo!", mi sembrava non giungesse mai... La dilazione del tempo mi sembrava infinita, ma che mi stava succedendo? Mi sentivo angosciato e incominciavo a vedere sfocato...
Ma finalmente arrivò Linda, mi apparve alla porta e la fissavo come fosse stata un angelo pronto a salvarmi, a darmi una mano... Le sussurai: "Linda, oggi è domenica, vero?"
Allora lei mi accarezzò il viso chiedendomi: "Sei sicuro di stare bene? Certo! Ma che fai con l'agenda in mano?"
Appoggiai il mio capo sulla sua mano dicendole: "Aiutami... sto malissimo e... qui manca un foglio..."
Ad un tratto non vidi più nulla... mi sentii solo cadere sul pavimento e Linda urlare: "Ehy!!! Che ti succede!!! Aiuto! Aiuto!!!!"

lunedì 17 marzo 2008

8 Il giorno scomparso.

Basta:ora è troppo, pensai. Dovevo ritornare in me. Ma cosa diamine mi stava succedendo? Dovevo, volevo chiudere questo capitolo. Sentivo di essere più forte. Non so di cosa, non so cosa stesse impadronendosi della mia vita, delle mie innocue giornate. Sarà giorno, sarà notte? Che ore sono? Con la testa pesante mi avviai verso il bagno. Una doccia mi avrebbe rimesso in sesto. Il mio corpo immerso nell'acqua. Solo il suono delle gocce impazzite su di me. Nullaltro intorno. Tenni gli occhi chiusi per mezz'ora. Mi sembrò un'eternità. Frammenti di immagini indefinite scorrevano nella mente. Luce, buio, acqua, cane, buio, acqua, luce. Aprii gli occhi. Niente doveva più spaventarmi. Mi sentivo meglio. Ero pronto per ricominciare daccapo. Lasciai che l'accappatoio mi avvolgesse in un tiepido abbraccio. Volevo si riscaldasse quel freddo che sentivo...Dentro. Ecco, ero finalmente lucido. Uscii dal bagno. "Va meglio?" mi chiese Linda. Ed io:"Sì, decisamente" ma rientrai veloce in camera. Non dovevo sforzarmi più di ricordare, di capire, o sarei finito per impazzire. Per impazzire ancora. Disteso sul letto, allungai la mano sul comodino di fianco. Presi l'agenda per dare un contorno a questo tempo che scorreva. Sentivo di avere mille cose da fare ma non sapevo minimamente da dove cominciare. Cercai allora il da farsi per quella giornata, sulla mia agenda. Sfogliai prima velocemente, poi lentamente e ancora una volta e, di nuovo, ma... Proprio quel giorno mancava. Non era presente all'interno dell'agenda. Non era stato strappato, semplicemnete non c'era. Una congiura? E'uno scherzo? Cercai ancora. Niente. Dovevo tenere i nervi saldi. Chiamai Linda.

7

Ero a terra? Ero caduto? Le mani alla testa nel vano tentativo di contenere il dolore. Il rumore della porta d'ingresso che si apriva, le leccate di Pulce, la sua voce un po' incredula "Hai già cucinato? Evvai!" trasformatasi pochi secondi dopo "Carlo, ma che succede?", Linda accanto a me che mi chiama, io che apro a malapena gli occhi e le sussurrò: "La testa è come se mi scoppiasse!", delle gocce in un bicchiere d'acqua, sollievo, ed io seduto su una sedia che cerco di mettere in ordine le idee. "Va un po' meglio? Certo che ti devi essere preso una bella sbronza ieri sera, bevi poco, ma quando lo fai! Cosa hai combinato in questa settimana?", alzai gli occhi con fare interrogativo e dissi: "Questa settimana?".
Mi servì un po' d'arrosto e si mise a tavola: "Sì, ho provato a chiamarti in questi giorni, ma avevi il cellulare spento, poi alla fine mi ha risposto una tua amica, credo, dicendo che non potevi venire al telefono! Dovrebbe avere un animale di grossa taglia: sentivo dei rumori in sottofondo!". La mia faccia a punto interrogativo colpì nel segno: "Sabato scorso... io e il cane siamo partiti all'alba e siamo andati una settimana dai miei... ieri sera, quando sono rientrata, eri a letto e non ti ho voluto svegliare! ...Sei sicuro di stare bene?".
Una mano sulla fronte, calda e rassicurante come una leggera brezza, ed i suoi occhi preoccupati che continuavano a fissarmi...

domenica 9 marzo 2008

6 Cucina

"Ancora un pizzico di sale, direi e poi ci siamo."
Una fortuna essermi distratto in cucina, stavo proprio uscendo di matto!
Ho avuto veramente una settimana pesante, ma dormire più di trentasei ore filate... E quei sogni... Visioni? E non mi sentivo neanche troppo riposato.
"L'arrosto, meglio al sangue. Lo toglierei ora dal forno, ma poi si fredderebbe".
Linda sarebbe dovuta essere già rientrata, Pulce non riusciva più a star fuori tanto, alla sua età.
Però che fastidio, iniziava a venirmi l'emicrania. Se c'è una cosa che mi manda in bestia è il mal di testa.
"L'arrosto, spegni il forno!". Ma dove s'era cacciata Linda? E se fosse successo qualcosa?
Ma che andavo a pensare. E sì che non ero neanche un pessimista. Ma quegli incubi mi avevano scosso. La giornata era iniziata male e un senso di frustrazione si era insinuato in me senza che potessi fare nulla per scrollarmelo di dosso.
"L'arrosto, cazzo, spegni quel forno fottuto!".
Il telefono.
O il campanello?
Ora vado a rispondere.
Chi poteva essere la domenica a pranzo? Forse Linda che aveva dimenticato le chiavi.
Al telefono?
Il campanello del forno?
Ora metto in tavola l'arrosto.
Avevo un mal di testa micidiale.

sabato 8 marzo 2008

5 "altrove"

Mi diedi un pizzicotto sulla guancia destra, corsi in bagno e mi lavai la faccia con acqua ghiacciata, sentivo come un disagio fisico, oltre che psicologico.
Mi sentivo stanco, stremato, le gambe a malapena mi reggevano e sapevo, ne ero certo: non avevo solo sognato, si trattava di qualcosa di reale, avevo vissuto qualcosa di strano e difficilmente riuscivo a metabolizzare l'accaduto. Non capivo, ero spaventato. Mi osservavo nello specchio di fronte al lavabo nel bagno, ma non guardavo la mia immagine, la mia testa era altrove... Il mio corpo era altrove... io ero altrove... Mi rendevo conto che qualcosa era cambiato in me, nel mio fisico, nella mia mente, ma non riuscivo ancora a realizzare che cosa realmente fosse accaduto...
Era dunque domenica...
Mi accingevo a cucinare aspettando il ritorno della mia coinquilina...

giovedì 6 marzo 2008

4

Una parte di me stava annegando in quegli occhi, tanto da non capire esattamente neanche la forma di ciò che avevo davanti, ma un'altra stava urlando. Dal profondo della mia anima un urlo si stava levando: una voce dapprima incomprensibile, poi sempre più chiara. La porta che prima si era spalancata, adesso era chiusa, l'acqua, scomparsa, era lì: razionalmente sapevo di stare sognando, ma quell'urlo mi diceva che qualunque cosa mi fosse successa, sarebbe stata tragicamente reale...e ciò che avevo davanti non aveva buone intenzioni! Improvvisamente si alzò un leggero vento, le gocce d'acqua cominciarono a turbinare e la luce divenne ancora più intensa, quasi un incendio, quasi il sole avesse sfondato le persiane; sentii distintamente il "crack" dei miei nervi che cedevano ed una forza che m'invadeva (disperazione?). Goffamente nuotai nell'aria per mettermi dritto: giusto in tempo per vedere lo scintillio delle sue zanne vicino al mio viso... e sentire qualcuno che mi afferrava dalle spalle e mi tirava via!

Mi svegliai nel mio letto, come se qualcuno mi ci avesse scaraventato, mi alzai in stato semicomatoso, mi trascinai in bagno e da lì in cucina: sulla tavola era pronta la colazione. La mia coinquilina (bel corpo, capelli biondo rame, occhi verdi: tipetta carina, parecchio strana, ma molto carina!) mi mise davanti una tazza di caffè e sparì in corridoio.
In compenso, il suo cane (un meticcio esagitato all'ennesima potenza da me soprannominato "pulce"), mi diede un caloroso buongiorno. Avete presente la legge di Murphy che recita "una fetta di pane cade sempre dal lato imburrato"? Beh, con Pulce in giro, la fetta non tocca neanche terra...tanto da far dubitare della sua reale esistenza!
Studiai per un attimo la tazzina e subito dopo ne ingurgitai il contenuto; mi girai verso il corridoio e urlai: "Se vuoi al lavoro ti accompagno io!". Due grandi occhi verdi mi fissarono stupiti: "Vedi che io non lavoro di domenica!" e, mostrandomi il guinzaglio, "Andiamo a farci un giretto e per pranzo sono a casa!". Si avvicinò, mi diede un buffetto affettuoso sulla guancia e mi disse: "Sveglia, sù!", per poi uscire assieme al cane.
Ero paralizzato: "Domenica?" pensai, "Non può essere domenica!"...

martedì 4 marzo 2008

3 "imprigionato"

Rimasi impietrito, ero come avvolto dalla sua bellezza, dal suo fascino. Non riuscivo ad emettere una sola parola e quell'entità continuava a lasciare uscire dalla sua bocca quelle forti e stonate note acute. In altri momenti della mia vita avrei odiato quei suoni, avrei portato le mani alle orecchie per difenderle da quei suoni cacofonici, ma adesso no. Ero completamente imprigionato e avvolto dalla sua immagine e dal suo sguardo penetrante...
Ad un certo punto notai che il mio letto si stava allontanando dal mio corpo, io mi stavo allontanando dal mio letto, stavo fluttuando nell'aria, avevo paura, ma l'entità era come se mi rassicurasse e mi invitasse alla tranquillità con il suo sguardo vitreo. Continuavo a temere di cadere, cercavo di allungare la mano e di aggrapparmi alla sua chioma dorata, allora cominciai a notare il suo astio: si scostava, mi respingeva e non scollava il suo sguardo dai miei occhi...
Ad un tratto l'acqua che avevo notato in precedenza sul pavimento ricomparve, la vedevo filtrare dalla porta della mia stanza, molto lentamente stava cominciando a salire anch'essa, vedevo gocce d'acqua fluttuare vicino al mio corpo, provavo a prenderle ma fuggivano. Mi sentivo solo, imprigionato nonostante quella fantastica presenza, che solo adesso avevo capito non essere mia amica...

lunedì 3 marzo 2008

2

Degli strani occhi amaranto, una folta chioma dorata gli ricopriva il corpo; un corpo soffice, retto da 4 arti, un corpo ilare, proteso in avanti, felice... E una coda, una piccola e chiara coda che si agitava all'impazzata in ogni direzione. E dei suoni. Dei suoni acuti oltrepassavano quei denti aguzzi, pressapoco invisibili ma affilati. Pochi ma buoni. Una figura familiare nella stanza dal soffitto illuminato. Tanta luce, troppa. La strana figura non voleva svelare la sua identità. Io, invece, speravo di trovare in essa un'isola di pace all'angoscia che montava inesorabile...

1 "Inizio"

Mattina.
Era mattina, ma non avevo la più pallida idea di che ore fossero: gli occhi mi si erano spalancati all'improvviso, la luce filtrava dalle persiane e si stagliava sul soffitto disegnando strane figure.
Era mattina e sentivo chiaramente delle voci provenire dalla stanza vicino: non doveva essere tanto presto.
Era mattina e alla fine decisi di girarmi a guardare la sveglia, ma... piccolo problema: non c'era, o meglio, lì dove avrebbe dovuto esserci il comodino c'era una distesa d'acqua! La stanza era completamente allagata con tanto di pesci che allegramente nuotavano sotto il letto. Mi rigirai a guardare il soffitto e chiusi gli occhi.
Li riaprii, stessa scena: il soffitto illuminato, le voci dalla stanza vicino, il comodino al suo posto, l'orologio, ...ero sveglio..., ma perché allora le pareti sembravano tanto strane... Richiusi gli occhi!
Aprii per l'ennesima volta gli occhi, ma rimasi immobile a fissare il soffitto per un tempo indefinito, paralizzato e forse un po' spaventato, poi mi decisi: con uno scatto guardai a terra (tutto a posto), alzai lo sguardo (tutto normale), mi diedi un pizzicotto (nei film funziona)!
Steso nel letto a pensare, fui richiamato alla realtà dalla porta che si spalancava: una delle voci della stanza vicino, ridacchiando, si materializzò in una figura familiare...