Blognovel: istruzioni per l'uso!

Benvenuti lettori!
A voi, che siete giunti in queste pagine, è dedicato questo piccolo trafiletto...che ci siate arrivati perché indirizzati o per caso, perché obbligati, perché siete inciampati nella Rete e ci siete finiti di faccia o peggio...perché la cosa vi ha incuriositi...beh...l'importante è che ora ci siete!
Seguite i numeri di ogni post nell'Archivio blog come fossero piccoli capitoli e sprofondate nel nostro mondo!

Quattro autori (dai ritmi bradiposi) un giorno han deciso di "divertirsi" spiattellando sul web le loro surreali idee e creando questo luogo: una blognovel, ma anche un cadavere eccellente!
Le regole che guidano la mano degli autori sono semplici:
1) un autore non può scrivere due post di seguito (quindi devono essere sempre alternati), in questo modo non c'è monopolio ma neanche dei turni fissi (si scrive quando si può);
2) non c'è uno stile o genere: il romanzo può andare dal fantasy al realistico, dal poliziesco all'horror, dalla commedia a quello che si vuole;
3) numerare i post: in questo modo la lettura è facilitata;
4) non esagerare con la lunghezza;
5) possibilmente cercare di non pilotare la trama e lasciare qualche porta aperta per chi scriverà dopo;
6) utilizzare i post per la storia ed i commenti per le opinioni.

Buona lettura,
Belfolk

giovedì 31 dicembre 2009

domenica 11 ottobre 2009

21 "Ciao, il mio nome è ANNA"

Mangiavo lentamente, gustandomi la colazione e la novità, pensando che dovevo dire qualcosa prima che decidesse di andarsene da quella zona della sala; fu solo quando vidi che girava le spalle e stava per imboccare l’uscita, che mi decisi a chiamarla: “Linda?!” lo chignon di capelli scuri ondeggiò mentre la testa si girava verso di me, “ehm…scusa…tu conosci la mia precedente infermiera?”, mi maledissi in quel preciso istante: potevo andarle a chiedere di un’altra donna? Comunque la cosa sortì l’effetto voluto: lei tornò indietro. “Non saprei: ti ricordi come si chiamava?”…
****
'Ciao, il mio nome è ANNA' questo era scritto su quel diavolo di cartellino rosa che non ne voleva sapere di stare dritto, per il resto il nuovo lavoro non era affatto male. Fino a sei mesi fa quasi non lo avrei detto, immersa fino ai gomiti nella quotidiana insania dell’ospedale cittadino, con turni da fabbrica ottocentesca e combattendo per sopravvivere all’affitto e alle bollette. Unica distrazione erano le incursioni del dr. Wormald al vicino reparto pediatrico: lo si sentiva arrivare da lontano con il suo “PAPARAPAPARAPA” cantato allegramente, la bambola da ventriloquo in braccio e l’accento italo-australiano tutto suo…i bambini lo adoravano! Un giorno gli chiesi cosa canticchiasse in continuazione, la risposta fu un “Ma come, non conosce i They Might Be Giants?” alla mia faccia un po’ perplessa si mise a ridere ed incominciammo a far conoscenza. Fu così che scoprii che, oltre a lavorare lì dentro, si occupava anche di un Istituto privato con annessa clinica ed appena ci fu l’occasione cambiai volentieri. Qui di ottocentesco c’era solo l’edificio (mentre il piccolo ospedale accanto era modernissimo), nell’ufficio del dottore al secondo piano si riscontrava la classica aria di chi al lavoro ci vive: sullo scaffale oltre ai libri di medicina e psichiatria si trovavano Il ritratto di Dorian Gray, Il Piccolo Principe, gialli di Agatha Christie, i Discorsi del Buddha, libri di cucina ed erboristeria… il tutto rigorosamente NON per argomento; una chitarra faceva timidamente capolino da dietro un mobile, 2 stampe (un Magritte ed un Dalì) si mantenevano alle pareti incuranti del caos sottostante e, cosa alquanto inquietante, 4 marionette stavano sedute su altrettante sedie. Un conto era vederle all’opera con i bambini, un conto era ritrovarsele lì così!
****
..."Non saprei", mi rispose dopo che le avevo descritto la donna, "ma è anche vero che non conosco molto le infermiere della clinica...al primo piano giusto?" annuii, ma sinceramente non è che l'argomento mi interessasse più di tanto in quel momento!

venerdì 9 ottobre 2009

20. A

Mattina.
Cielo terso e opalescente, d'una luminosità che feriva gli occhi.
- Sto bene, come non mi sentivo da tempo.
Spariti i brutti pensieri, lasciate alle spalle le notti insonni finalmente posso dire di essere riposato.
Anche l'emicrania è molto diminuita.
Se solo... la camera non fosse così... così... Ma chi è che ha deciso di dipingerla interamente di bianco? Non aiuta certo in giornate come questa dove pare di nuotare nel latte!
Nuotare nel latte... mi piace come immagine... Devo tenerla a mente per il prossimo racconto.
Da quant'è che non avevo anche solo un barlume d'ispirazione!
E a proposito di ispirazione ho proprio bisogno di una bella colazione.-
Un tocco gentile alla porta.
"Avanti!"
Dalla porta appena aperta apparve una delle creature più belle che il Signore del Creato avesse mai potuto inventare. Se non svenni era solo perché in quanto uomo avevo una certa reputazione da difendere.
Dal meraviglioso sorriso che mi fece credo mi avesse letto nel pensiero.
"Buongiorno, da oggi mi prenderò cura io di lei, per qualunque cosa chieda a me."
"Proprio qualunque cosa?" chiesi con malcelata malizia. - Accidenti a me, proprio non ci so fare con le donne... -
Un altro sorriso, candido come se non fosse per nulla infastidita. "Qualunque cosa."
E scoppiammo a ridere insieme.
"Ti chiedo scusa, sono stato poco educato così, al primo incontro... Ah, posso darti del tu, vero? Avrai pressappoco la mia età!".
"Certo! Figurati, ne sento tante tutti i giorni!"
"Immagino... Oddio, continuo con la cafonaggine, non mi sono ancora presentato. Piacere, io sono Franco."
Ancora quel sorriso così bello, non riuscivo a distogliere lo sguardo.
"Piacere, io sono Linda."

martedì 15 settembre 2009

19 "Quesiti"

La memoria andò con riluttanza ai bui ricordi dell’Istituto: l’arrivo, dopo che ero uscito dall’ospedale, ancora con le fasce a coprire le ferite, i dottori, i compagni; un conato di pensieri, mi allontanò da quelle immagini, per rispedirmi a quelli ben più strani delle ultime ore/giorni. Il mio sguardo ormai era fermo, la mia volontà (forse la mia rassegnazione) ormai era ferma, guardai verso colui che io chiamavo Raffaeli e, con fare altrettanto gioviale, dissi: “Possiamo fare solo il punto della situazione?”. Mi guardò tra l’incuriosito e lo stupito, annuendo col capo.
Io cominciai: “Un essere dagli strani occhi amaranto, una folta chioma dorata e soprattutto zanne?”, l’uomo anziano alzò la mano come se avesse risposto all’appello; deglutii e continuai “Cosa vuol dire Ne abbiamo trovato un altro? Chi?”, “Si riferiva a me, …a me.” Linda quasi sussurrò quelle parole; mi sembrò strano, era come spuntare la lista delle cose da portarsi prima di un lungo viaggio, solo che le parole cominciavano a mancarmi: “Acqua?”, “Anche quella mia!” il biondo parlò e si stampò un sorriso divertito sulla faccia; “Aria?”, “Il più delle volte io, direi!” Raffaeli rispose ed anche lui assunse un’aria giocosa. Cominciavo a far fatica ad aprire bocca, il prossimo passo sarebbe stata l’afasia. Per contro cominciai a snocciolare tutto quello che non andava: i giorni che andavano e venivano, i sogni fin troppo reali, le cose che sembravano non esistere, i lividi, gli specchi, le foto, i cani, quel posto, Linda…
Senza scomporsi, Raffaeli arricciò un angolo della bocca e rispose: “Complicato! E di alcune cose devo ancora capire il perché!”.
Fu il colpo di grazia, braccia a penzoloni e capo inclinato da un lato, gli rivolsi l’ultima domanda: “La posso chiamare almeno dottore?”, al suo assenso continuai, “Dottore, Franco è mai uscito dall’Istituto quel venerdì? Cioè, io sono mai uscito dall’Istituto?”.
Improvvisamente le figure al di là del muro sembrarono preoccupate, il mondo si stava nuovamente distorcendo, girai la faccia verso la Linda accanto a me e mi immobilizzai. Lo sguardo chino, addolorato, i suoi occhi verdi erano umidi. I suoi bellissimi occhi: erano una passeggiata nel bosco, erano uno spiazzo erboso che dà ristoro, erano la luce del sole che filtra trai rami, e proprio una goccia di quella luce stava cadendo. Non l’avevo mai vista piangere; ed ora una lacrima rigava il suo volto. La consapevolezza che la colpa di quella lacrima ero io, mi fece più male di tutto quello che stava succedendo intorno!

lunedì 7 settembre 2009

18. Un altro

"Benvenuto!". Raffaeli era gioviale, come se stesse accogliendo ospiti graditi nel salotto di casa sua. "Dev'esserci stato un piccolo inconveniente, ti chiedo scusa".
Ero basito.
Un piccolo inconveniente? Quale piccolo inconveniente?
Mi feci forza: "piccolo inconveniente un corno, che sta succedendo?"
Il Dottor Raffaeli continuava a guardarmi con quel suo sorriso affabile, lo stesso stampato sulle facce di Linda e del vecchio biondino. Chi era la persona che avevo davanti? Per quanto sia appassionato di fumetti nessun essere umano arriva trasportato da una tromba d'aria.
"Tutto questo non sarebbe dovuto succedere, non ora almeno. Non eri ancora pronto."
Ok, non ero pronto ma "pronto per cosa?".
"Ogni nostro esperimento giunge a maturazione in tempi ben precisi. Talvolta, tuttavia, accade che un corpo ospite particolarmente sensibile, unito ad un catalizzatore difettoso possa prendere coscienza prima del previsto."
"Io non sono difettosa!"
Era stata Linda a parlare. Ad urlare quasi.
"Di te e del tuo coinvolgimento parleremo dopo". Il tono di Raffaeli era calmo, eppure non ammetteva repliche. "Fortunatamente abbiamo i nostri strumenti di controllo e sono orgoglioso di affermare che hanno funzionato anche questa volta. Com'è che l'avete amorevolmente chiamato? Pulce mi pare..."
Corpo ospite? Catalizzatore?
"Dottore... che cazzo sta dicendo? Credo... Credo che mi debba delle spiegazioni!"
"Ogni cosa a suo tempo. Comincerò col dirti che io non sono Raffaeli e questa non è Linda. Eh, ah sì, tu non sei Carlo".
Stavo impazzendo. Di nuovo.