Blognovel: istruzioni per l'uso!

Benvenuti lettori!
A voi, che siete giunti in queste pagine, è dedicato questo piccolo trafiletto...che ci siate arrivati perché indirizzati o per caso, perché obbligati, perché siete inciampati nella Rete e ci siete finiti di faccia o peggio...perché la cosa vi ha incuriositi...beh...l'importante è che ora ci siete!
Seguite i numeri di ogni post nell'Archivio blog come fossero piccoli capitoli e sprofondate nel nostro mondo!

Quattro autori (dai ritmi bradiposi) un giorno han deciso di "divertirsi" spiattellando sul web le loro surreali idee e creando questo luogo: una blognovel, ma anche un cadavere eccellente!
Le regole che guidano la mano degli autori sono semplici:
1) un autore non può scrivere due post di seguito (quindi devono essere sempre alternati), in questo modo non c'è monopolio ma neanche dei turni fissi (si scrive quando si può);
2) non c'è uno stile o genere: il romanzo può andare dal fantasy al realistico, dal poliziesco all'horror, dalla commedia a quello che si vuole;
3) numerare i post: in questo modo la lettura è facilitata;
4) non esagerare con la lunghezza;
5) possibilmente cercare di non pilotare la trama e lasciare qualche porta aperta per chi scriverà dopo;
6) utilizzare i post per la storia ed i commenti per le opinioni.

Buona lettura,
Belfolk

mercoledì 20 giugno 2012

25 "anche se dentro una lacrima"

Corri! Maledizione corri o perderai l'autobus! 
Speriamo che il semaforo all'incrocio sia rosso o non ce la farò mai! 
Ogni santa mattina mi tocca fare la centometrista...ad ostacoli: quella carrozzina la vedo dura da superare!
Possibile che metto la sveglia sempre prima e faccio sempre più tardi? 
Ti prego fai che il conducente mi veda e non faccia il bastardo! 

SALVA! 

Anche oggi il 545 è un carnaio, con i piedi a filo dello scalino di metallo e le porte scorrevoli che si aprono e chiudono praticamente sul naso: una marea di gente, una folla e in fondo anche qui riesco a sentirmi sola.
In quel vetro non esattamente pulito intravedo il mio riflesso: è buffo come una cosa così semplice sia diventata assurda nell'ultimo anno e chissà da quanto avrebbe dovuto esserlo!? La consapevolezza è giunta poco alla volta, come un sogno che viene ricordato lentamente durante la giornata e poi ha cominciato a sfociare in visioni, in ricordi che non dovevano essere lì, in immagini di un'altra me stessa e di altre decine di persone. Accettare tutto questo è stato angosciante, finché il mio orgoglio non ha capito cosa stava succedendo: mi stavano usando!
I ricordi di una riunione clandestina e poi il boato, le pareti che esplodevano e la gente che scappava, la folle corsa per non essere presa, il ferimento (ancora adesso se piego le mani riesco a sentire distintamente le piaghe lì dove non dovrebbero essere) e il trasferimento al laboratorio della clinica.
E poi la follia.
La follia di chi vuole raggiungere i propri scopi a tutti i costi.
Mi avevano addormentato, mi hanno trasformato e mi hanno dato una vita fittizia perché io non mi accorgessi di nulla.
Sfruttano il mio potere per i loro esperimenti: corpi, coscienze, anime? All'inizio non riuscivo a capire e ancora adesso molte cose mi sfuggono: cosa sono diventata? Sono legata a tutti loro, come un nodo autostradale è legato alle città intorno, ma sono anche qualcos'altro: prendono, danno, passano, si combinano, cambiano...un tassello centrale in un puzzle di follia!
Nomi e sentimenti che si succedono (quale sarà il mio?): Carlo, Davide, Eléna, Federico, Franco, Gianluca, Linda, Lucia, Lucrezia, Maria, Valeria,Vittorio... Se li abbandonassi avrei abbastanza potere da reagire, ma non riesco a slegarmi da lui: quasi non ci credevo, ho persino preso prima coscienza di lui che di me stessa! Il destino forse, ma quanto l'avevo cercato prima di tutto questo, prima di questa vita?
Prender contatti palesemente mi avrebbe fatto scoprire e così ho infuso qua e là un pezzettino di me, un virus che sabotasse piano piano il sistema.
Mi vien quasi da ridere, come faceva quella canzone?

“...Luce che cade dagli occhi sui tramonti della mia terra 
Su nuovi giorni 
Il sole mi parla di te 
(mi stai ascoltando?)...”

mercoledì 8 giugno 2011

24. Caro diario

25/10
Caro diario, da quant'è che non scrivo? Saranno più o meno sei mesi, quando ti confessai che non vedevo l'ora che la mia vita avesse una svolta. Lavoravo come una schiava e se non fosse che il mio lavoro mi piaceva, e mi piace ancora oltre ogni cosa, avrei dato di matto. Stare accanto alle persone bisognose è come scritto nel mio DNA, alleviare le loro sofferenze, portargli conforto. Sai, credo di aver raggiunto l'equilibrio giusto: mi prendo a cuore la loro salute senza lasciarmi coinvolgere emotivamente e penso di aver fatto un ottimo lavoro qui alla clinica finora.
Oggi però è successo quello che non mi aspettavo: penso sia  da almeno una settimana che ho come un ronzio nella testa e alla fine solo oggi ha preso forma e ho realizzato di tenere davvero a che Franco si rimetta presto. Mi sono sentita un po' stupida perché, diciamocelo, non sono più un'adolescente, ma quando l'ho visto arrivare una settimana fa mi ha subito ricordato lui e non ho potuto fare a meno di prenderlo in simpatia.

12/11
Caro diario, mi sono illusa che avrei ricominciato a scriverti con più assiduità, che alla clinica i ritmi sarebbero stati più leggeri, ma per quanto le giornate trascorrano meglio il tempo non è mai abbastanza.
Franco sta rispondendo bene alle terapie e ne sono felice. Ancora fatica a parlare e la maggior parte delle ferite gli procura un gran male, però ci sono io, andrà tutto bene.

17/11
Caro diario, oggi Franco era più in forma, ha anche scherzato: "come si fa a chiamare una bambina Lucrezia?". Mi ha fatto effetto sentirgli pronunciare il mio nome.

28/11
Caro diario, non saprei dire quanti giorni sono passati, se sia notte o meno. Non dormo da tempo immemorabile per i turni  continuati, abbiamo quasi rischiato di perderlo.

8/12
Credo che il Dottor Wormald sia un ottimo medico.

15/12
Le ferite stanno guarendo. Gli somiglia, gli somiglia tantissimo.

24/12
E' la vigilia di Natale e fuori nevica. Dio perché lo hai lasciato morire?

giovedì 5 agosto 2010

23

Anna chiuse la porta dell'ufficio del Dr. Wormald e si avviò agli spogliatoi: quello sguardo le frullava ancora per la testa! Non aveva mai fatto troppe domande, anche per la politica sulla privacy dell'Istituto stesso: rigorosissima. I nomi propri dei pazienti della clinica erano palesi solo se soggiornavano nei reparti del primo piano, al secondo erano codificati: sulle loro cartelle si leggevano solo una sfilza di numeri e lettere; anche i rapporti erano limitati: uno squadrone di infermiere preposte monopolizzava i contatti.
Ultimamente, a pensarci bene, uno di quei plichi continuava a spostarsi dalle diverse scrivanie, anche prima era in bella mostra sotto i gomiti del dottore: il paziente F>C:4135991_068 era diventato particolarmente famoso!
Beh, mai quanto la paziente del terzo piano! Una specie di leggenda metropolitana se non fosse che, a quanto pare, esisteva veramente: tutto il reparto era a lei dedicato ed era posta direttamente sotto le cure del Dr. Wormald, neanche le infermiere del secondo vi si erano mai avvicinate. La paziente 2211251891, detta "5" nei pettegolezzi di corridoio, giaceva in coma farmacologico da tempo immemore e aveva alimentato storie e ipotesi di ogni tipo: c'è chi sosteneva che era arrivata ricoperta di ferite gravi perché coinvolta in un blitz delle forze speciali o in un incidente stile gru (o era un autobus?) contro palazzo, mentre altri sussurravano che fossero tutte scuse.
Era venuto a mancare solo un numero senza importanza! Anna fissava la porta dell'armadietto e quel pensiero non la mollava!

domenica 2 maggio 2010

22. Trentasette

Alla scrivania nel suo ufficio Wormald teneva i gomiti puntati sul tavolo ed il mento poggiato sulle nocche. Qualcosa lo affliggeva, un velo di tristezza passò sui suoi occhi prima di guardare in faccia il suo interlocutore.
Anna stava ripetendogli per l'ennesima volta tutta la storia, e per l'ennesima volta non cambiava una virgola in tutto il racconto. Qualcosa doveva essergli sfuggito perché dati i presupposti la conclusione non poteva essere quella che si era verificata. Non di nuovo.
L'intervento era andato alla perfezione, era stato incaricato lui stesso, ma se non fosse stato così avrebbe voluto prenderne parte. Sentiva come se dai piani alti stessero iniziando ad estrometterlo dalle sue ricerche, dalla sua vita.
"L'operazione è stata magnifica, non un errore, non una sbavatura. Incisione, taglio, resezione, chiusura, tutto eseguito al millesimo di secondo da tutto lo staff. Dev'essere successo qualcosa dopo. Qualcosa nei bendaggi. O nei dosaggi. O...". Anna proseguiva con la sua litanìa.
"No, Anna non c'entra, lei esegue solo gli ordini. Non sa nulla. Non fa domande. La variabile dev'essere un'altra!". I pensieri continuavano a fluire ininterrotti per la mente di Wormald quando si accorse del silenzio che era calato nella stanza.
Anna lo stava fissando, aveva finito di parlare. Anche se stanca dopo la lunga giornata, il suo sguardo era vivo e fermo. Sapeva di non avere alcuna colpa per quanto era accaduto.
"Infermiera Stevenson, può ripetermi cortesemente in che orari ha effettuato le ispezioni?"
"Alle 15, alle 17 ed alle 19. Era tutto in regola: ho controllato i bendaggi e sostituito le flebo. Nel giro delle 21, quando sono arrivata, il paziente non respirava più.".
Wormald riprese il flusso di pensieri e la sua espressione colpì per un attimo l'infermiera: non era quella di un dottore affranto per una perdita, come se quello venuto a mancare fosse solo un numero senza importanza. "Dottore se non ha altre domande io andrei a casa. Il mio turno è finito un'ora fa".
"Certo infermiera, vada pure. La ringrazio, a domani.".
"A domani.".
La stanza ripiombò nel silenzio.
"E con questa volta siamo a trentasette. Sarà meglio che mi sbrighi a farlo tornare prima che non sia più recuperabile."

giovedì 31 dicembre 2009

domenica 11 ottobre 2009

21 "Ciao, il mio nome è ANNA"

Mangiavo lentamente, gustandomi la colazione e la novità, pensando che dovevo dire qualcosa prima che decidesse di andarsene da quella zona della sala; fu solo quando vidi che girava le spalle e stava per imboccare l’uscita, che mi decisi a chiamarla: “Linda?!” lo chignon di capelli scuri ondeggiò mentre la testa si girava verso di me, “ehm…scusa…tu conosci la mia precedente infermiera?”, mi maledissi in quel preciso istante: potevo andarle a chiedere di un’altra donna? Comunque la cosa sortì l’effetto voluto: lei tornò indietro. “Non saprei: ti ricordi come si chiamava?”…
****
'Ciao, il mio nome è ANNA' questo era scritto su quel diavolo di cartellino rosa che non ne voleva sapere di stare dritto, per il resto il nuovo lavoro non era affatto male. Fino a sei mesi fa quasi non lo avrei detto, immersa fino ai gomiti nella quotidiana insania dell’ospedale cittadino, con turni da fabbrica ottocentesca e combattendo per sopravvivere all’affitto e alle bollette. Unica distrazione erano le incursioni del dr. Wormald al vicino reparto pediatrico: lo si sentiva arrivare da lontano con il suo “PAPARAPAPARAPA” cantato allegramente, la bambola da ventriloquo in braccio e l’accento italo-australiano tutto suo…i bambini lo adoravano! Un giorno gli chiesi cosa canticchiasse in continuazione, la risposta fu un “Ma come, non conosce i They Might Be Giants?” alla mia faccia un po’ perplessa si mise a ridere ed incominciammo a far conoscenza. Fu così che scoprii che, oltre a lavorare lì dentro, si occupava anche di un Istituto privato con annessa clinica ed appena ci fu l’occasione cambiai volentieri. Qui di ottocentesco c’era solo l’edificio (mentre il piccolo ospedale accanto era modernissimo), nell’ufficio del dottore al secondo piano si riscontrava la classica aria di chi al lavoro ci vive: sullo scaffale oltre ai libri di medicina e psichiatria si trovavano Il ritratto di Dorian Gray, Il Piccolo Principe, gialli di Agatha Christie, i Discorsi del Buddha, libri di cucina ed erboristeria… il tutto rigorosamente NON per argomento; una chitarra faceva timidamente capolino da dietro un mobile, 2 stampe (un Magritte ed un Dalì) si mantenevano alle pareti incuranti del caos sottostante e, cosa alquanto inquietante, 4 marionette stavano sedute su altrettante sedie. Un conto era vederle all’opera con i bambini, un conto era ritrovarsele lì così!
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..."Non saprei", mi rispose dopo che le avevo descritto la donna, "ma è anche vero che non conosco molto le infermiere della clinica...al primo piano giusto?" annuii, ma sinceramente non è che l'argomento mi interessasse più di tanto in quel momento!

venerdì 9 ottobre 2009

20. A

Mattina.
Cielo terso e opalescente, d'una luminosità che feriva gli occhi.
- Sto bene, come non mi sentivo da tempo.
Spariti i brutti pensieri, lasciate alle spalle le notti insonni finalmente posso dire di essere riposato.
Anche l'emicrania è molto diminuita.
Se solo... la camera non fosse così... così... Ma chi è che ha deciso di dipingerla interamente di bianco? Non aiuta certo in giornate come questa dove pare di nuotare nel latte!
Nuotare nel latte... mi piace come immagine... Devo tenerla a mente per il prossimo racconto.
Da quant'è che non avevo anche solo un barlume d'ispirazione!
E a proposito di ispirazione ho proprio bisogno di una bella colazione.-
Un tocco gentile alla porta.
"Avanti!"
Dalla porta appena aperta apparve una delle creature più belle che il Signore del Creato avesse mai potuto inventare. Se non svenni era solo perché in quanto uomo avevo una certa reputazione da difendere.
Dal meraviglioso sorriso che mi fece credo mi avesse letto nel pensiero.
"Buongiorno, da oggi mi prenderò cura io di lei, per qualunque cosa chieda a me."
"Proprio qualunque cosa?" chiesi con malcelata malizia. - Accidenti a me, proprio non ci so fare con le donne... -
Un altro sorriso, candido come se non fosse per nulla infastidita. "Qualunque cosa."
E scoppiammo a ridere insieme.
"Ti chiedo scusa, sono stato poco educato così, al primo incontro... Ah, posso darti del tu, vero? Avrai pressappoco la mia età!".
"Certo! Figurati, ne sento tante tutti i giorni!"
"Immagino... Oddio, continuo con la cafonaggine, non mi sono ancora presentato. Piacere, io sono Franco."
Ancora quel sorriso così bello, non riuscivo a distogliere lo sguardo.
"Piacere, io sono Linda."