La memoria andò con riluttanza ai bui ricordi dell’Istituto: l’arrivo, dopo che ero uscito dall’ospedale, ancora con le fasce a coprire le ferite, i dottori, i compagni; un conato di pensieri, mi allontanò da quelle immagini, per rispedirmi a quelli ben più strani delle ultime ore/giorni. Il mio sguardo ormai era fermo, la mia volontà (forse la mia rassegnazione) ormai era ferma, guardai verso colui che io chiamavo Raffaeli e, con fare altrettanto gioviale, dissi: “Possiamo fare solo il punto della situazione?”. Mi guardò tra l’incuriosito e lo stupito, annuendo col capo.
Io cominciai: “Un essere dagli strani occhi amaranto, una folta chioma dorata e soprattutto zanne?”, l’uomo anziano alzò la mano come se avesse risposto all’appello; deglutii e continuai “Cosa vuol dire Ne abbiamo trovato un altro? Chi?”, “Si riferiva a me, …a me.” Linda quasi sussurrò quelle parole; mi sembrò strano, era come spuntare la lista delle cose da portarsi prima di un lungo viaggio, solo che le parole cominciavano a mancarmi: “Acqua?”, “Anche quella mia!” il biondo parlò e si stampò un sorriso divertito sulla faccia; “Aria?”, “Il più delle volte io, direi!” Raffaeli rispose ed anche lui assunse un’aria giocosa. Cominciavo a far fatica ad aprire bocca, il prossimo passo sarebbe stata l’afasia. Per contro cominciai a snocciolare tutto quello che non andava: i giorni che andavano e venivano, i sogni fin troppo reali, le cose che sembravano non esistere, i lividi, gli specchi, le foto, i cani, quel posto, Linda…
Senza scomporsi, Raffaeli arricciò un angolo della bocca e rispose: “Complicato! E di alcune cose devo ancora capire il perché!”.
Fu il colpo di grazia, braccia a penzoloni e capo inclinato da un lato, gli rivolsi l’ultima domanda: “La posso chiamare almeno dottore?”, al suo assenso continuai, “Dottore, Franco è mai uscito dall’Istituto quel venerdì? Cioè, io sono mai uscito dall’Istituto?”.
Improvvisamente le figure al di là del muro sembrarono preoccupate, il mondo si stava nuovamente distorcendo, girai la faccia verso la Linda accanto a me e mi immobilizzai. Lo sguardo chino, addolorato, i suoi occhi verdi erano umidi. I suoi bellissimi occhi: erano una passeggiata nel bosco, erano uno spiazzo erboso che dà ristoro, erano la luce del sole che filtra trai rami, e proprio una goccia di quella luce stava cadendo. Non l’avevo mai vista piangere; ed ora una lacrima rigava il suo volto. La consapevolezza che la colpa di quella lacrima ero io, mi fece più male di tutto quello che stava succedendo intorno!
Io cominciai: “Un essere dagli strani occhi amaranto, una folta chioma dorata e soprattutto zanne?”, l’uomo anziano alzò la mano come se avesse risposto all’appello; deglutii e continuai “Cosa vuol dire Ne abbiamo trovato un altro? Chi?”, “Si riferiva a me, …a me.” Linda quasi sussurrò quelle parole; mi sembrò strano, era come spuntare la lista delle cose da portarsi prima di un lungo viaggio, solo che le parole cominciavano a mancarmi: “Acqua?”, “Anche quella mia!” il biondo parlò e si stampò un sorriso divertito sulla faccia; “Aria?”, “Il più delle volte io, direi!” Raffaeli rispose ed anche lui assunse un’aria giocosa. Cominciavo a far fatica ad aprire bocca, il prossimo passo sarebbe stata l’afasia. Per contro cominciai a snocciolare tutto quello che non andava: i giorni che andavano e venivano, i sogni fin troppo reali, le cose che sembravano non esistere, i lividi, gli specchi, le foto, i cani, quel posto, Linda…
Senza scomporsi, Raffaeli arricciò un angolo della bocca e rispose: “Complicato! E di alcune cose devo ancora capire il perché!”.
Fu il colpo di grazia, braccia a penzoloni e capo inclinato da un lato, gli rivolsi l’ultima domanda: “La posso chiamare almeno dottore?”, al suo assenso continuai, “Dottore, Franco è mai uscito dall’Istituto quel venerdì? Cioè, io sono mai uscito dall’Istituto?”.
Improvvisamente le figure al di là del muro sembrarono preoccupate, il mondo si stava nuovamente distorcendo, girai la faccia verso la Linda accanto a me e mi immobilizzai. Lo sguardo chino, addolorato, i suoi occhi verdi erano umidi. I suoi bellissimi occhi: erano una passeggiata nel bosco, erano uno spiazzo erboso che dà ristoro, erano la luce del sole che filtra trai rami, e proprio una goccia di quella luce stava cadendo. Non l’avevo mai vista piangere; ed ora una lacrima rigava il suo volto. La consapevolezza che la colpa di quella lacrima ero io, mi fece più male di tutto quello che stava succedendo intorno!
2 commenti:
Domande, domande e ancora domande! :)
Però stiamo iniziando ad intravedere delle risposte... Avanti così!!!
la curiosità a qursto punto è morbosa
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